H - LA LETTERA ACCA: PENSIERI IN LIBERTÀ.
di stefania bambace
Stefania BAMBACE
LABORATORIO DI SCRITTURA – LETTERA H2
Data: 19-12-2024
LA LETTERA ACCA: PENSIERI IN LIBERTÀ.
A Bi Ci Di EFFE! Gi ACCA…. ACCA? cos‘é questa anomalia? Un corpo estraneo all‘interno dell‘alfabeto? Un‘intrusa?
Ricapitoliamo. A come Amore, B come Barca, C come Ciao… certo, solitamente diciamo EFFE o EMME (e poche altre) invece di chiamarle Ffff o Mmmm come si insegna talvolta ai bambini, ma in EFFE come Finestra o in EMME come Mamma il soffio della consonante c‘é. G come Giardino, ACCA come hotel…. no, scusate, in che senso? ACCA e hotel? Dov‘é la connessione? La coerenza?
Ma come tutto ciò che rappresenta un’eccezione, un caso particolare o si qualifica semplicemente come diverso dalla norma, così anche la lettera acca attira da sempre la mia attenzione.
Sulla tavola bianca dell‘oculista cosparsa di letterine grandi medie e piccole, quando da bambina mi sottoponevano al controllo della vista, era la prima e la più facile da riconoscere.
Com‘era graziosa, con quelle due stanghette verticali unite da un trattino orizzontale! Già allora ci vedevo un simbolo di unità e di incontro tra due entità parallele incapaci di avvicinarsi. La sintesi del perfetto equilibrio.
Apparentemente così insignificante, una presenza muta relegata ad un segno grafico, la lettera acca possiede in realtà una forza dirompente nello spostare i significati di tante parole e nel tenerne in piedi molte altre che diversamente crollerebbero in suoni fiacchi e ridicoli. Pensate se gli spaghetti diventassero spagetti, e chi li mangerebbe? (Ricordate Rodari ed il suo racconto sull’Acca in fuga?)
E per elevarci dal materialismo della pancia, quanti singolari resterebbero tali senza avere un plurale garantito dall‘acca? Quanti io soli senza la bellezza e la conquista del noi? Le amicHe l‘hanno capito benissimo! Quando lo sono, sono davvero forti e fanno più rumore. Quando lo sono…ACCA, l‘eccentrica ACCA, anche in questo contesto è paladina delle eccezioni.
In realtà la discrepanza tra il suo nome ed il suo utilizzo in lingua italiana ha una sua storia ben precisa. L‘ottava lettera dell‘alfabeto fenicio, la het, subì una contaminazione all‘interno del greco antico, diventando il segno indicatore delle vocali aspirate. Successivamente i Latini integrarono a loro volta il simbolo per l‘aspirazione dinanzi ad alcune parole. Nella lingua rustica, quella parlata dai ceti più bassi, ben presto però l'aspirazione scomparve dal parlato. Si venne così a creare una distinzione fonetica che marcava una differenza sociale: i ricchi (e colti) facevano sentire le acca iniziali, i meno istruiti no. La lingua parlata italiana ereditò completamente la tradizione del latino rustico, che non pronunciava le aspirate. L’acca rimase allora un "relitto" presente solo nelle forme dell'italiano scritto. Insomma un segno ortografico, croce e non delizia degli scolari italiani.
Per me la funzione dell‘acca ha una dignità superiore alla sua storia. Non so se per indole o per deformazione professionale ma ritengo che la grammatica, ogni grammatica, sia ben più di un insieme codificato di regole. É un mondo fatato capace di raccontare i magici meccanismi dell‘interazione umana messi in opera dal linguaggio. La lettera acca, così timida e silenziosa, ci insegna che chi é fuori dall‘ordinario é spesso straordinario e se emarginato, dimenticato, crea un vuoto tale da far crollare tutto il sistema ed i suoi valori. Reticente all‘apparenza ostentata, la lettera acca realizza dalla sua posizione di nicchia altri piccoli giochi di prestigio. Per esempio permette di dare fiato alle sensazioni più immediate, senza ricorrere alla verbalizzazione. AH, MAH, BEH, AHI…. fino al suo numero migliore, un autentico prodigio: lo stupore, una tra le più belle qualità caratterizzanti la famiglia umana, si esprime forse non a caso con un sospirato OH…con una piccola, impercettibile acca in chiusura a prolungarne l‘eco.