Z . Lo Zainetto nel Bosco...

di carla baudino.

Carla Baudino
Lo Zainetto nel Bosco...


La giornata d'autunno era limpida, il sole incominciava a fare capolino tra le fronde dei castagni.
La terra sapeva di muschio, di erba non calpestata, di risveglio dopo una nottata di brina e di umidità.

L'uomo, che ogni mattina faceva lunghe passeggiate nei boschi in cerca dei funghi che solo lui sapeva trovare, ad un tratto vide ai piedi di un castagno uno zainetto di un colore blu molto sbiadito.
Un po' se ne stupì: quasi tutti i giorni percorreva quei posti e non gli era mai capitato di trovare qualcosa di diverso dai suoi preziosi funghi.

La curiosità lo colse alla sprovvista e si avvicinò allo zainetto.
Dette un'occhiata intorno per vedere se ci fosse qualcuno in giro che lo avesse dimenticato, ma il bosco era tranquillo.
Solo gli uccellini fischiettavano la loro melodia mattutina.

Lo colpì il colore di quel cuoio, un po' sbiadito ma non sgualcito e, senza troppo starci a pensare, decise di aprirlo:
di fronte ad un mistero bisogna andare fino in fondo per scoprire ciò che nasconde; e poi magari ragionarci su.

La chiusura non oppose resistenza, e l'uomo dei funghi lo aprì e cominciò a tirare fuori gli oggetti ivi contenuti.
Uno dopo l'altro, quasi con delicatezza e pudore, li dispose sull'erba intorno allo zainetto, sperando che qualche indizio lo avrebbe indirizzato al legittimo proprietario.

Una matita lunga nera fu il primo oggetto che saltò fuori: ben temperata, che odorava ancora di mina e di legno.
Poi trovò un paio d'occhiali da vista, un po' opacizzati, un po' rigati, e con le stanghette consunte: si capiva bene che avevano svolto il loro compito con impegno per molto tempo.
Una matita, un paio d'occhiali...

Niente ancora che potesse portarlo a scoprire a chi appartenesse quello zainetto appoggiato al tronco del castagno in attesa che qualcuno lo raccogliesse da terra e ne esaminasse il contenuto.

Ne tirò poi fuori un borsello un po' sfilacciato, consunto, non pesante, con cerniera: dentro, proprio pochi spiccioli, solo monete.
Si intuiva che il proprietario non era arrivato da troppo lontano con quella misera provvista.

Cercò se vi fossero dei documenti; frugò anche nelle taschine poste sul davanti, ma non trovò nulla.

Ispezionò con maggior cura l'interno e, quasi nascosta tra le pieghe del fondo, vide un'agenda, di quelle dove si annotano i pensieri, le osservazioni e tutto il resto che passa nella mente che si voglia fissare sulla carta prima che svanisca nel nulla.

L'uomo ebbe un attimo di emozione e lo tirò fuori con precauzione: forse tra quelle pagine si celava il mistero dello zainetto;
sembrava quasi fosse stato lasciato lì per trasmettere ad altri una misteriosa magia.

La copertina era di un cartone spesso, un po' consumato, con una particolarità: incollato all'interno un pezzetto di seta color blu-pervinca.
Nessun nome, nessuna indicazione, nessuna data, nessuna dedica.
Erano pagine scritte fitte fitte con una calligrafia minuta, ordinata, piacevole alla lettura: né una sbavatura né una correzione, sembrava proprio un esercizio di bella scrittura.

Iniziò a leggere, e il tempo lo trasportò in un'altra dimensione,
sperando che colei (perché si capiva fin dalle prime righe che si trattava di una lei; e questo spiegava anche lo zainetto in pelle e le sue piccole dimensioni) che aveva scritto quella bella favola - perché di una favola si trattava - si sarebbe rivelata ai suoi occhi.

E così dalla prima pagina all'ultima, attraverso quel racconto tenerissimo, conobbe un altro mondo, un altro modo di esplorare il cielo,
e leggendo visse per un tempo che sembrava non finire mai la vita di un'altra persona.

Ecco ciò che lesse.

"All'arrivo della primavera di un'epoca lontana nacque una bella bambina dai capelli d'oro.
Il cielo era di un colore intenso quel giorno, il sole splendeva giallo e rotondo, e da una finestra aperta i suoi raggi fecero capolino, si guardarono intorno e, infine, si posarono sulla sua culla.
Accompagnati dal canto degli uccellini che s'erano radunati lì fuori, i riflessi dorati della tua testolina si diffusero tutt'intorno, e resero molto lieti i suoi genitori, facendo loro dimenticare le pene e i disagi di quegli anni un po' tristi perché c'era la guerra.

Passò un po' di tempo, e quella piccola creatura crebbe e diventò una graziosa bambina.
E un giorno ebbe in dono una bella bambola dal vestitino di seta color pervinca, ossia di quel colore che rievoca la leggerezza di un cielo intenso, come quello in cui nacque.
E da allora, anche quando da bambina divenne fanciulla e poi ragazza e poi madre e poi nonna, lei decise di volere sempre con sé un pezzetto di quel cielo immenso, ovunque andasse.
E dunque, ogni giorno, prima di uscire di casa, un pezzetto di stoffa color pervinca doveva essere sempre con sé.

Insomma, Paoli cantava il cielo in una stanza e lei cantava il cielo nella mia tasca.
E camminava leggera tra la gente, seminando allegria e buonumore.
Anche i dolcetti che donava ai bambini con un sorriso e che portava agli anziani che andava a confortare nei giorni di Natale, erano color pervinca.

E successe così che, in poco tempo, mezza città divenne color pervinca.
Poi, la notizia che una misteriosa e bella creatura stava tingendo color del cielo la sua città, si sparse oltre i monti e oltre i mari,
e tutti i bambini del mondo vollero andare in giro con un pezzettino di cielo in tasca.

La terra, nei pochi giorni che precedettero il Natale, cambiò colore e divenne un pianeta color del cielo, e nessuno, dallo spazio, la poteva vedere,
tanto che Gesù Bambino, scendendo dalle stelle la notte di Natale, faticò un po' a ritrovarla.
Fortuna che tutto è bene quel che finisce bene, altrimenti tutti i bambini del mondo sarebbero rimasti senza doni,
e guarda un po' che bella baraonda avrebbe combinato quella tenera creatura col suo pezzetto di seta color pervinca!!

Firmato NONI
(che, prima di diventarlo, è stata bambina, ragazza, donna e madre)"

L'uomo, dimentico dei funghi, chiuse il quadernetto, lo ripose nello zainetto assieme ai pochi oggetti trovati, mentre si asciugava una lacrima che silenziosa gli era scivolata sulla guancia.
E lo depose di nuovo ai piedi del castagno certo che qualcuno, con le sue stesse curiosità, si sarebbe fermato, lo avrebbe letto e forse si sarebbe anche commosso.

Questo è un mondo che non ama più l'affascinante bellezza delle favole, perché impegnatissimo a credere al tutto e al nulla.
Ma forse c'è ancora qualcuno che riesce a rimanere attratto da quel fantastico universo che reca le tracce antiche, ahimé!, ma sempre belle della nostra infanzia.

Tornare a sognare, quando tra l'infanzia e il presente c'è ormai tutta una vita, fa bene al cuore, specie quando è un po' affaticato dagli anni,
perché il cuore è come un giardino, che forse gli affanni ed i crucci del vivere ci hanno fatto trascurare,
ma che aspetta solo la magia di una favola per tornare a fiorire.

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