I - ISOLA

di carmela como.


Carmela Como 
13 marzo 2025 

Isola 

L'isola non può che condurmi in una sorta di sospensione della realtà per precipitare nell’anima di quella terra, ormai lontana. Lontana, oggettivamente, e distante dal tempo della vita. Torna potente nel ricordo il soffio caldo del vento tenue, carezzevole, di piacere viscerale; non è solo ricordo vivo, ma lascito prezioso che fa sì che non ci sia posto per la nostalgia. Come dire è atto fondante di terra natia. 
Le stagioni di allora erano indistinguibili. Esisteva solo la stagione come una perenne dolce primavera. 
La condizione climatica dell'Isola la associo all'età adolescenziale. Ed ecco l'Isola come una giovane ragazza di rara bellezza vitale, una Venere botticelliana che scorrazza felice per campagne e lidi marini. 
Noi, bambini, adolescenti eravamo al pari di lei, isola, e la percepivano come noi. 
Ma gli adolescenti vivono moti e pulsioni tumultuosi. 
E così aspettavamo il momento di vivere con lei il tumulto estivo, da giugno a settembre della pausa scolastica. 
La casa sta sempre lì con confort di necessità: stanze, bagno e cucina, spazio veranda e poi, terra aria vegetazione e affaccio sul mare. Da restarci secchi. Sudati, affannati, la corsa finiva tra le braccia cristalline del mare selinuntino. 
Nessuna consapevolezza delle memorie stratificate di secoli e secoli di approdi di popoli e civiltà. 
A dire il vero quell'età considera tutto normale divenire: 
lo scorrere del tempo, il vitalismo, il prima e il poi; non c'era percezione, spazio di riflessione. 
I ruderi, le vestigia greche, i sassi, “pezzi" erano con noi da sempre e partecipi noi di loro e loro di noi. 
Figurarsi se pensavamo agli xenos, stranieri… invasori. Quasimodo, nella sua visione poetica, gioca a nascondersi con le “sorelle" cicale “… “nel folto dei pioppi" aspettando le “stelle". Le cicale sono proprio la cifra del canto dell'isola. Il cicaleccio aleggia frizzante in ogni anfratto. Ti prende le orecchie; è come sentire una forza in azione, si ferma prende fiato e ricomincia il concerto. 

L'estate, afosa e sonnolenta, per noi bambini non poteva che accompagnare i nostri giochi col canto delle cicale. Mi è rimasto nelle orecchie. 
Lo scirocco anticipatore, in autunno e primavera, della calura estiva, si impossessa dei corpi con una mistura di sudore appiccicaticcio come melassa. 
Terra di conquista e di esplorazione, ci muovevamo a cerchi, noi randagi. La vegetazione era folta ovunque, niente asfalto, ma stradine in terra battuta. Più ci allontanavamo, più ai nostri occhi giganteggiavano i “pezzi" . Colonne a formare il tempio di Giunone, il fuso della vecchia, monche pezzi di colonne, sparsi ovunque. Il gioco si faceva vorticoso. Salire scendere buttarsi rialzarsi… 
Ancora i lasciti dei greci non erano stati imbrigliati dalle recinzioni murarie che l'hanno trasformato in parco. Noi abbiamo avuto il privilegio di vivere i luoghi insieme ai fantasmi. Il passaggio delle greggi, il belare delle creature era il segnale che qualcosa di gustoso ci sarebbe stato. 
Pronti in fila con scodella a raccogliere la ricotta che generosamente il pastore ci dava. La “ zabbina". 
Era pausa da tutto, bimbi finalmente fermi, silenziosi, in attesa del frutto proibito. E cosi la favola del tempo d'infanzia scorreva. In una sorta di mimetismo di natura, di realtà immersiva, di metaverso eravamo unici protagonisti con famiglia, genitori, fratelli! E la foto ricordo con didascalia, che recita: 
“il tempo della famiglia al mare”. 
Niente e nessuno avrebbe potuto sovvertire quell’ordine: il padre amatissimo, la madre simbiotica, i fratelli rissosi ma di cui avevo la primogenitura e leadership. 
È stata una FELICITÀ assoluta e come tale la conservo e la proteggo. Fonte di pace rifugio ricchezza che mi ha reso possibile sostenere l’esistenza vera che poi è arrivata. 

“ Cicale, sorelle, nel sole 
Con voi mi nascondo 
Nel folto dei pioppi E aspetto le stelle". 

Salvatore Quasimodo, Estate 

Nota a margine: 
Nelle condizioni di rievocazione narrativa di certe fasi della vita, la soggettività delle esperienze vissute produce una sorta di trasfigurazione emotiva ed evocativa. I ricordi mantengono il fascino dell'esperienza.

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