P - PENSIERI MARINI

di carmela como.


Carmela Como
13 marzo 2025

Pensieri marini 

Appollaiata su una roccia non distante dalla riva, ma abbastanza da potermi lanciare in un tuffo, stavo lì senza alcuna voglia di fare o non fare il bagno con nuotata al largo. 
La brezza marina, refrigerio sotto il picco del sole, rendeva gradevole la sosta e allontanava l'idea della nuotata. Tutto era una distesa di bellezza ovunque volgessi lo sguardo. 
Essere sospesi sulla superficie marina dovrebbe farti cogliere a piene mani ogni delizia: la frescura, I chiaroscuri, l’ondeggiamento, Ie creature padrone indiscusse di tanto ben di Dio. Però per potere sentire la poesia dei luoghi non basta la volontà per superare l'apatia che in certi giorni ci prende. 
Così per uscire dal torpore inspiegabile, mi diedi a lanciare sassolini che la roccia aveva nell’incavo. Tante volte mi ero imbattuta in gruppi di ragazzi che lanciavano sassi a pelo d’acqua e rimanevo ammirata dalla maestria. Ecco i sassi saltellavano a ritmo danzante, di salto in salto, sincronico, avanzavano sulla superficie d'acqua. 
Lanciati anche tu, mi dissi, vai! 
Ma i miei lanci di sassi venivano risucchiati e scomparivano. 
Un effetto però del fallimento mi fece considerare che l’accanimento non serve, ma piuttosto cambiare l'approccio al lancio. 
Lancio alla cieca! 
Valutai però la non presenza di natanti nel circondario, almeno la prudenza si può calcolare. 
E così un sasso pesante, lanciato alla cieca, e a debita distanza, produsse una incredibile immagine. Folgorata alla vista, osservai le onde concentriche che si formavano attorno al buco che il sasso aveva lasciato. 
Ma toh! Guarda, che straordinario fenomeno. 
Allora mi fu chiaro che non a caso, o incidentalmente ai miei reconditi pensieri, avvolti nell’apatia di quella giornata, che quell’immagine mi conducesse a pensieri profondi sull’esistenza umana. 
Mi pensai allora come quel sasso con tutta la pesantezza del corpo. Invisibile alla vista altrui, sommerso o immerso nel suo unico habitat che conosce al momento della nascita. 
Il sasso contiene in sé brandelli di memoria, visioni di futuro a seconda come rotei su te stessa in onde concentriche. 
Emergi dal fondo, e a bracciate vai nel mare turbolento, insidioso. Ma il nucleo resta attaccato al corpo e le braccia vanno a caccia del mondo. 
Sei centro sì della tua vita, ma non lo sei degli eventi, perché lei vive nel mare liquido dove tutto scorre. 
E nel volteggiare e roteare prende e lascia di te e delle cose del mondo. 
La fatica, la grande fatica è il galleggiamento ma fino ad un certo punto. Poi il sasso scivola negli abissi marini e si fa natura. 
Non potendo rimanere in superficie, se non per fortuiti momenti brevi, la condizione naturale del “sasso” è tenere il suo corpo nella linea di galleggiamento. La sua pesantezza sta acquattata con spinte di sopravvivenza e null'altro, conclusi. 
A questo punto della pausa meditativa, i pensieri risuonarono con una certa angoscia, ed ebbi allora un sussulto; ritornata in me, mi abbandonai finalmente ad una nuotata. 
Con perfetto sincronismo di braccia e gambe mi portai al largo e mi lasciai scivolare fra le delicate ondulazioni delle pieghe marine. 
Morire, facendo il morto, sospensiva momentanea dalle turbolenze, fusione di energie, abbandono d'amore penetrante le viscere del piacere, sospesa così si resta, mentre l'onda ti culla. 
Ma dalla profondità marina la voce delle Sirene, come da contraltare, giunse allora con i versi di Saramago:

“Acqua che nell'acqua torna, di luce sfregiata, 
si apre l’onda in spuma. 
Movimento perpetuo, arco perfetto, 
che si erge, ricade e rifluisce, 
onda del mare che il mare stesso 
nutre, 
amore che di se stesso si alimenta.” 

Spentesi le voci, la momentanea sosta sulla roccia, così piena di confortante armonia, cedette allora il passo all’ordinaria fatica del galleggiamento.

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