R- RIBELLE
di stefania bambacei.
Mi hanno chiamata Stefania. Questo è il mio nome.
Mi chiamavano ribelle. Questo è il mio aggettivo qualificativo.
Nasco Stefania e nasco ribelle. In due coordinate si definisce il mio ritratto più essenziale. Proverò ad illuminarlo usando le parole come pennelli, i punti e le virgole come colori, perché dipingere non so.
Oggi ho deciso di affidare alla scrittura le confidenze che hanno raccolto gli specchi delle case in cui ho abitato, alla vostra attenzione e pazienza i pensieri divenuti voce nella lettura pubblica.
Sono nata alla fine del 1967, alle porte dell‘anno delle grandi ribellioni. Un segnale?
Le ragioni delle piazze di allora mi venivano raccontate da chi c‘era, io mi tuffavo in quei racconti con lo stesso slancio dei protagonisti, come quando ci si immerge nella lettura di un libro e si diventa parte degli eventi narrati.
Ero l‘unica femmina in una famiglia dominata da maschi, tra fratelli, cugini, amici dei fratelli, amici dei cugini. Non incasellata e non incasellabile. Sin da piccolissima. Ribelle ad ogni espressione di maschilismo, dalla mia posizione di minoranza assoluta, ma totalmente dissociata da modalità femminili che non mi appartenevano, ribelle a modi ed atteggiamenti che ritenevo un‘offesa ed un tradimento al mio femminismo. Ribelle o disagiata? Non saprei. Certamente un aspetto della mia generale indole ribelle a cui sono rimasta affezionata, visto che l’ho portato con me immutato nel tempo.
Però trovare una cornice adeguata al mio ritratto non mi è mai riuscito. Una ribellione triste. Ribelle ad ogni tipologia di controllo che soffrivo profondamente, ribelle al contesto (sociale, scolastico, lavorativo…). Sempre con i gomiti alti, ben limati. Sempre in feroce opposizione verbale contro ciò che ritenevo ingiusto, per me e per il mondo.
Della storia amavo le grandi rivoluzioni, della letteratura gli eroi romantici, ed in generale tutti gli artisti inquieti.
Sempre sospettosa verso le mode, l’allineamento ad un dettame di cui ignoravo l’origine. Poco importava se fosse l’attore, il musicista, il film, lo stile linguistico o l’abbigliamento. Ciò che valeva per tutti non convinceva me. Istintivo atteggiamento di protesta o carattere di una noia mortale? Non saprei.
Ribelle ai sistemi consolidati. All‘ordinario. Alle regole ingiuste. Alla mentalità corrente. Una ribellione tutta implosa in un carattere esplosivo, certamente a volte irritante. Leitmotiv: io non ci sto!
Ribelle per presa di posizione o per genuina convinzione e dinamica volontà di cambiamento? Non saprei….
In un crescendo che via via imbrattava sempre più il mio ritratto, la ribellione evolveva in rabbia. La mia era una ribellione rabbiosa che cercava disperatamente di aprirsi un varco e definirsi in una progettualità. Questa curiosità verso orizzonti diversi dal consueto si è tradotta in una vita vissuta per tentativi. Bellissima, nelle sue alte e basse maree. No, la cornice proprio non ci sta. Un quadro squadrato non ha una cornice adatta.
Ora il ritratto ha preso polvere. Forse non mi ribello più ma mi indigno ancora. L‘ingiustizia è oggi più che mai un mostro dalle tante, troppe teste ed io non posso, non voglio cedere all‘indifferenza. Passo il testimone della ribellione ai miei figli e alla loro generazione, li spero ribelli e non allineati. Soprattutto non addomesticati.
Il mio ritratto ha ora forse le sembianze di una ribelle ordinaria e retorica? Non saprei….