S - SE E SÉ

di Stefania Bambace.


Se e Sé 

Stefania Bambace



Da sempre ho una predilezione per le persone piene di SE ed una certa diffidenza, per non dire repulsione, per quelle piene di SÉ.

In realtà quel sé accentato non ha nulla a che fare con la vera essenza dell‘individuo, quella totalità di cui l‘io é solo una minima parte e che andrebbe ricercata continuamente per giungere al nostro completo smascheramento e vivere finalmente in pienezza chi siamo veramente.

Il più delle volte si tratta di un grande equivoco linguistico: quell‘accento, quella pronuncia marcata sulla E, altro non sono che il tentativo delirante della suprema affermazione dell‘ego, a mio avviso il principio di tutti i mali, fonte di disgregazione della concordia umana e dello sfilacciamento dell‘individuo.
Lo vedo come un bisogno spasmodico, a volte isterico, a volte subdolo, di accentramento di potere, in qualsiasi forma.

Questo sembra essere un tempo molto propizio all‘affermazione di SÉ smisurati e le conseguenze sono ben visibili.
Oltre ai macro esempi a livello internazionale e nazionale, la mia modesta impressione é che vi sia un riverbero di patetici tentativi di autoaffermazione a vari livelli, una vera e propria pandemia che ha colpito la società tutta e che troppo, davvero troppo spesso, mortifica le nostre relazioni quotidiane.
Una moderna variante della Torre di Babele con un numero esagerato di protagonisti tra architetti e costruttori.

Nel gioco dell‘autoaffermazione si insinua sovente l‘alimentazione del falso SÉ, il voler mostrare a noi e agli altri ciò che ci piacerebbe essere ma che non siamo!
Un meccanismo il più delle volte inconsapevole che ci manda in confusione e disperde la nostra autenticità, rendendoci persone frustrate e perennemente insoddisfatte.

Per quanto riguarda la seconda categoria, le persone piene di se, non nascondo di avvertire una certa familiarità.
Occorre tuttavia una precisazione: esiste un se malato anche in questo gruppo, il se che pone condizioni esteriori alla possibilità di realizzare la propria felicità o, sintetizzando, molto più semplicemente di vivere.
Se avessi, se fossi, se non mi fosse capitato… tutte scuse, altra immensa parola con la S!

Ma temo che nessuno di noi ne sia immune… ci caschiamo o ci siamo cascati, credo, tutti.

Le circostanze accadono, sta a noi decidere di vivere con e nonostante la nostra personale realtà.
Per quanto possa essere difficile, è l‘unica modalità che abbiamo per essere felici.
La felicità va cercata dentro, non fuori di noi.
Chissà se una vita basta per comprenderlo…

I se che mi piacciono sono quelli refrattari alle verità assolute, che allargano lo sguardo in modo poliedrico, perché in ogni situazione, in ogni ideale, in ogni persona vive un riflesso che merita di essere osservato, talvolta interiorizzato.

Sono di parte quando affermo che provo simpatia per i se indicatori di mille domande, che non sanno accontentarsi del banale e del mediocre, che sono in modalità ricerca continua, consapevoli della propria piccolezza davanti a misteri ineffabili e di grandezza spropositata.
Se umili e molto minuscoli ma in moto perpetuo, il cui nutrimento è dato dalle domande più che dalle incerte risposte.

Provo una gioia contagiosa per i se propositivi, gli slanci di speranza, forse la più importante tra le parole con l‘iniziale S.

I se che aprono a possibilità concrete, che intravedono piccole soluzioni a problemi di ogni ordine e grandezza.
Da un banale se piove prendo l‘ombrello a se non posso più camminare cerco un‘altra modalità per stare bene al mondo.

Dopo aver dato fiato a queste mie riflessioni personali, riversando sulla pagina i pensieri che mi abitano e con me sono cresciuti, confesso che quest‘ultimo se, così tondo, armonioso, privo di spigoli che fanno male, è una meta che mi trovo innanzi ogni giorno.
È l‘oggetto dei desideri che a volte sfioro, che a volte mi scivola via, ma che è sempre lì, presente, in attesa di essere…

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