Lettera Z3 ZAINO

di giuseppe bambace.


CORSO DI SCRITTURA – LETTERA Z3

ZAINO
Data: 23-10-2025
Autore: Giuseppe BAMBACE

“Quanti ancora errano nelle strade d’America con gli zaini e vecchie scarpe da tennis, o guidando pulmini ammaccati con cartelli delle destinazioni che dicono: «Oltre»”

Considero questo pensiero del grande poeta libraio editore Lawrence Ferlinghetti, figura iconica della beat generation, una sintesi sublime delle metafore sullo zaino.

Affrontare un viaggio solo con quello che portiamo in uno zaino rappresenta il riconoscimento di ciò che ci serve realmente, leggero, utile e importante, quello che ne rimane fuori è superfluo. Non è esclusivamente un richiamo all’ESSENZA, è un potente simbolo iconoclasta nei confronti delle convenzioni sociali e degli attacchi alla libertà di espressione, un formidabile antidoto verso il nostro innato senso di attaccamento alle cose materiali.

Preparare lo zaino è un’arte sopraffina, che richiede umiltà, che s’impara nel tempo, condividendo i segreti di compagni di viaggio più esperti. Certamente significa scaricare tutti i pesi inutili della nostra quotidianità, ma soprattutto lasciare posto libero alle emozioni nuove che sicuramente verranno, una visione proiettata verso l’orizzonte che ci attende, pregna di opportunità.

All’apice della diffusione della beat generation, uno dei suoi maggiori interpreti Jack Kerouac ci aveva offerto un affresco utopistico e visionario di questa attitudine anticonformista, ne I vagabondi del Dharma.

“Tutti prigionieri di un sistema di lavora, produci, consuma, lavora, produci, consuma, ho negli occhi la visione di un'immensa rivoluzione di zaini migliaia o addirittura milioni di giovani americani che vanno in giro con uno zaino, che salgono sulle montagne per pregare, fanno ridere i bambini e rendono allegri i vecchi, fanno felici le ragazze e ancor più felici le vecchie”.

Lo zaino aborre la violenza di una società costituita da individui sempre più tristemente insoddisfatti, che inseguono affannosamente nuovi bisogni indotti, che a loro volta generano una felicità in affitto temporaneo, che trasloca da un oggetto all'altro, fino all’ossessione successiva.

Personalmente non pretendo di scalare le vette più pure dell’utopia di Kerouac, cerco di applicare il messaggio dello zaino alla mia quotidianità, esplorandone l’incanto della sua accezione più profonda, che va oltre le cinghie di carico e lo schienale imbottito. È la strenua ricerca di sottrazione di pensieri, ricordi e sensazioni che spesso si trattengono per abitudine, pigrizia o paura. Una visione minimalista, che mira al nucleo, alla prima cellula di vita, che contiene il codice dei miei affetti, l’educazione ricevuta, il mio carattere, la mia allegria, persino la mia solitudine.

Il premio a cui si può ambire è sintetizzato nei versi onirici di Lawrence Ferlinghetti tratti da “Un mucchio di immagini spezzate”

«...L'universo trattiene il suo respiro
C'è silenzio nell'aria
La vita pulsa ovunque
La cosa chiamata morte non esiste»

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