Z - GLI ZOCCOLETTI NUOVI
di Mara Biglia
GLI ZOCCOLETTI NUOVI
Fa freddo questa sera, a Torino! E' calata una nebbiolina ghiacciata, che rende
le strade scivolose, l'atmosfera rarefatta e la luce dei lampioni rotonda.
C'è poca gente in giro, è ora di cena, in lontananza si sente un “toc toc” che si
avvicina.
Sono gli zoccoletti nuovi di Elsa, che battono sul selciato, mentre corre verso
l'osteria, per andare a prendere suo papà, Giovanni.
Galoppa, tutta felice, fiera dei suoi zoccoletti, che hanno quella bella punta di
ferro, che luccica al sole.
Li ha aspettati tanto ! Quelli dell'anno passato erano diventati stretti, negli
ultimi tempi doveva camminare scalza.
E poi, finalmente, è arrivata la “ Befana Fascista”, che l'ha rivestita. Ma solo
gli zoccoli sono nuovi, il resto (la mantella, la gonna, e il berretto con il
gagliardetto) sono recuperati, ancora buoni, ma usati.
E' arrivata davanti all'osteria, si ferma, aspetta un momento prima di entrare,
fa un bel respiro, varca la soglia e si dirige, decisa, verso il tavolo, dove suo
padre sta bevendo con gli amici.
Ha solo 7 anni, Elsa, ma il sabato sera tocca a lei andare a recuperare papà.
Suo fratello Giulio, non ne vuole sapere, si vergogna troppo.
Ma bisogna farlo, prima che si beva tutta la paga, e soprattutto prima che
beva troppo. Altrimenti sono dolori!
Giovanni è un bravo operaio, trova sempre lavoro; ma non riesce a stare
lontano dalla bottiglia, spende quasi tutto all'osteria. In casa non ci sono mai
abbastanza soldi per tirare avanti, riescono a mangiare grazie alla mamma che
va a fare le ore,ma null'altro.
Si avvicina al padre, lo tira per la manica , dice piano piano
“ papà, e tardi, andiamo a casa, la mamma ha la cena pronta”
nessun cenno di risposta, alza il tono
“ Andiamo, dai, per piacere”
giovanni è già alticcio, biascica le parole.
“ Aspetta un momento, ancora un bicchiere”
“ Ti prego, andiamo “
supplica la bambina, quasi urlando.
“ Allora devi cantare, canta Elsa, canta”
anche questo è un rituale, angoscioso ma necessario.
Si toglie gli zoccoletti, li posa, uno vicino all'altro, ben appaiati, monta sul
tavolo e canta.
Elsa ha una bella vocina intonata, interpreta con brio le canzonette in voga,
tutti l'ascoltano volentieri.
Dopo qualche canzone, il papà si decide e le dice.
“ Dai su andiamo a casa”
Svelta salta giù dal tavolo, cerca i suoi zoccoletti, ma non li vede.
Si getta a carponi, guarda di qua, guarda di là, ma non ci sono.
Si rialza e scoppia in un pianto dirotto, singhiozza, urla a squarciagola.
“ Chi ha preso i miei zoccoli?”
sulla sala scende il silenzio.
Dopo qualche istante anche Giovanni si accorge della disperazione della figlia.
La guarda, realizza cos'è successo e poi, barcollando si alza, si dirige al centro
della stanza.
Con le gambe larghe, ben piantato a terra, le mani sui fianchi, tuona.
“ fuori gli zoccoli di Elsa, in fretta. Altrimenti ci penso io”
gli avventori abituali lo conoscono bene, Giovanni. Sanno che è pericoloso farlo
arrabbiare, specialmente quando ha bevuto. E poi, lo chiamano tutti “ Cannone”
per la sua forza fisica. Perchè, in gioventù, aveva sollevato, da solo, un grosso
masso che ostruiva la strada. “ Ma sei proprio un cannone!” avevano
commentato gli astanti, e il soprannome gli era rimasto.
“ E allora? Questi zoccoli, dove sono ?”
tuona ancora, duro e arrabbiato.
Un ragazzetto, bassino e tutto ossa, spunta tra i tavoli, in mano tiene gli
zoccoli.
“ Scusa, Cannone, volevo solo fare uno scherzo a Elsa”.
Tutti sanno che non è così, quegli zoccoletti fanno gola a molti, ma fanno finta
di crederci. Giovanni per primo, guarda truce il ragazzino, gli molla una pacca
sulle spalle, prende gli zoccoli e li rende alla legittima proprietaria.
Elsa smette di piangere, li afferra e li tiene stretti stretti poi va verso il
padre, lo abbraccia stretto e lo bacia, un gesto che le è diventato inusuale.
Giovanni la prende per mano, con gentilezza, e vanno a casa.


